_GLI ASSASSINI ARRIVATI DALLA FRANCIA INIZIARONO AD ATTUARE UNA STRAGE DI INNOCENTI: A FINE GUERRA RISULTARONO OLTRE 43.700 ESSERI UMANI TRUCIDATA, COMPRESI MILIZIANI DISSIDENTI NEI CONFRONTI DEI NAZISTI
Le autorità di Berlino cominciarono ad insospettirsi per quanto stava accadendo a Roma e non si capacitarono del fatto che le riserve d'oro della Banca e i Reali di Casa Savoia fossero spariti, eludendo la rigorosa sorveglianza della polizia tedesca. A questo punto i soliti diplomatici nazisti, per fugare ogni sospetto, misero in atto la tattica del forte "zelo", iniziando una vera strage degli innocenti d'accordo con i collaborazionisti fascisti e con numerose spie. Calvi di Bergolo ordinò che il Cimitero del Verano rimanesse chiuso per la popolazione romana dalle 6 fino alle 14, mentre dalle 14 alle 16 poteva essere aperto un solo cancello su tre per i romani che dovessero seppellire i propri morti. In pratica i tedeschi si riservavano 8 ore di tempo per poter seppellire le loro vittime. Da quel funesto 10 Settembre fino al 4 giugno del '44, a Roma e in molte altre zone del Lazio scomparvero migliaia di persone. Le numerose ville occupate dai tedeschi nei castelli romani diventarono camere di tortura e di morte, in particolare Villa Dusmet di Grottaferrata, comando dei paracadutisti, Villa Colonna di Frascati, comando della Feld-Germanderie, Villa Falconieri di Frascati, comando della Wehrmacht. Il comando delle SS, con il tribunale di guerra e il campo di prigionia degli Alleati, fu insediato all'interno di Villa Torlonia di Frascati.
Ma il luogo più tremendo rimaneva il Consolato tedesco a Roma, situato a Villa Wolkonsky, al quale facevano capo tutti i comandi tedeschi del Lazio, compreso quello di Kesselring. Questi luoghi costituirono per lunghi mesi dei veri e propri mattatoi umani, in particolare, il comprensorio di "Villa Wolkonsky", in cui vennero torturati e trucidati tutti gli uomini presi con le armi mentre difendevano Roma: 300 militari e 2 ufficiali, 3 ufficiali dei Carabinieri, 4 civili tra i quali Pischieri Giovanni e Tolti Alfredo, un poliziotto di P.S. della caserma di via Statilia, ed infine un ragazzo di 14 anni. Altri civili, presi con le armi (compreso Franco Napoli, l'autore del libro-denuncia Villa Wolkonsky) furono trasferiti al Tribunale di Guerra di Villa Torlonia di Frascati e condannati a morte. Poi venne il turno di tutte le caserme militari di Roma, che furono occupate dai nazisti e da dove questi ultimi prelevarono e trucidarono migliaia di soldati italiani. I primi assassinati di queste caserme furono 3.000 Carabinieri con diversi ufficiali. In pratica, i tedeschi ripeterono l'eccidio di Cefalonia nella città del cattolicesimo.
Alla fine della guerra, giornalisti e autori di libri, scrissero, mentendo, che i Carabinieri scomparsi erano stati deportati in un campo di concentramento in Germania. Notizia originata dalle false memorie scritte dal console Moellhausen, vero responsabile dell’eccidio di Villa Wolkonsky. Non bisogna poi dimenticare che quando gli agenti delle SS e della Gestapo (e conosciamo i loro nomi) occuparono la caserma della milizia fascista di via Mazzini, ben 850 di questi miliziani sparirono dentro Villa Wolkonsky. Questi fascisti erano quasi tutte persone anziane che avevano fatto la guerra '14-'18 e che osteggiavano le SS, ragion per cui fu l'unico corpo militare non sciolto da Badoglio, che il 26 Luglio, durante un suo discorso, disse: "La milizia fa parte integrante delle forze armate dello Stato".
La comunicazione badogliana, riportata dai giornali, segnò la morte di quasi tutti i fascisti della milizia. Coloro che riuscirono a fuggire dalla caserma vennero raggiunti ed uccisi per le strade come bestie, altri prelevati dalle loro abitazioni. Giorno e notte, con la collaborazione di prezzolate spie e fascisti della P.A.I., carabinieri, ufficiali di varie formazioni, soldati e civili, venivano rastrellati. Quando questi non venivano trovati, le SS portavano via una figlia per obbligare il genitore a presentarsi, e quando il padre si presentava, questi veniva ucciso, mentre della figlia non si sapeva più nulla. I tedeschi non risparmiarono nemmeno i prigionieri Alleati, in particolare i soldati inglesi catturati dopo essere sbarcati sulle coste italiane oppure dopo essersi paracadutati quando il loro aereo veniva colpito. Questi prigionieri, compresi quelli che stavano nelle baracche dentro Villa Torlonia, comando delle SS, venivano poi internati a Villa Wolkonsky, dove sparivano dopo essere stati torturati. Per i nazisti questa prassi era necessaria perché solo il Console Moellhausen conosceva alla perfezione la lingua inglese e poteva quindi tradurla in tedesco. Ma dopo essere stati interrogati e torturati, venivano liquidati affinché non parlassero di Villa Wolkonsky.
Ecco un solo esempio, per non allungare troppo questa sintesi: quattro soldati inglesi, dopo essere scesi con il paracadute, furono nascosti dai contadini del paese montano di Nespolo, in provincia de L'Aquila. Scoperti dalle SS a causa delle solite spie, tutti i paesani che li avevano ospitati vennero catturati ed uccisi. Fu assassinato anche il Sindaco, accusato di favoreggiamento, mentre i quattro inglesi, dopo essere stati torturati, sparirono all'interno di Villa Wolkonsky. Altri vennero torturati e uccisi in via Tasso, un altro trucidato in località La Storta, unitamente ad altre tredici persone. Di questo inglese rimane solo una scritta che recita: "Di nazionalità inglese sconosciuto". Da accertamenti svolti in seguito, e anche dalla testimonianza di alcuni soldati tedeschi (disertori che hanno fatto servizio all'interno di Villa Wolkonsky), è risultato che 35 soldati inglesi, di cui 5 ufficiali, vennero uccisi dopo aver subìto atroci torture. Altri 10 inglesi vennero assassinati mentre venivano deportati nel campo di concentramento di Mantova, quando le SS abbandonarono Roma.
A fine guerra si scoprì con sgomento che gli esseri umani trucidati erano stati 43.700, tutti senza un nome e privi di data di morte, come documentato senza ombra di dubbio. Senza un nome, perché i nazifascisti avevano ricevuto dal capo supremo delle SS, Wolff, l'ordine di seppellire le persone trucidate in luoghi segreti, anche in fosse comuni, affinché i parenti non potessero trovarli ed identificarli, e di bruciare i loro documenti di identificazione. Come è noto, quelli trucidati alle fosse Ardeatine furono riconosciuti con molta difficoltà dai parenti, grazie alle scarpe, ai vestiti e ai denti. Anche in questo caso però molti rimasero ignoti.
Coloro che mettono in dubbio gli eccidi avvenuti nel lager di Roma, e nel resto del Lazio, sono invitati ad esaminare il libro-denuncia Villa Wolkonsky, il lager nazista di Roma, nel quale le prove sono costituite da numerose testimonianze, documenti e ben 130 fotografie. Si può sospettare che questo occultamento di persone trucidate sia stato effettuato per salvare i nazifascisti che barattarono la loro vita, oppure per cancellare tale orrore dalla capitale mondiale del cattolicesimo. O forse, hanno giocato un ruolo importante le riserve d'oro trafugate dai nazisti e dai collaboratori italiani. Comunque sia, a Roma e nel resto del Lazio, vi erano oltre 120 mila soldati delle forze armate, e precisamente delle divisioni Sassari, Ariete, Granatieri di Sardegna, Centauro Motorizzata e Carabinieri Motorizzata, 2 battaglioni di Carabinieri a cavallo, un battaglione di Carabinieri Allievi Ufficiali e 2 battaglioni della Milizia Fascista. Vi erano, inoltre, soldati rientrati dall'Africa a seguito della sconfitta, guardacoste, militari del genio della Finanza e della Marina, ecc.
Sappiamo benissimo che 30.000 soldati aderirono alla Repubblica fascista, ma gli altri 90.000 che fine hanno fatto?
Le autorità di Berlino cominciarono ad insospettirsi per quanto stava accadendo a Roma e non si capacitarono del fatto che le riserve d'oro della Banca e i Reali di Casa Savoia fossero spariti, eludendo la rigorosa sorveglianza della polizia tedesca. A questo punto i soliti diplomatici nazisti, per fugare ogni sospetto, misero in atto la tattica del forte "zelo", iniziando una vera strage degli innocenti d'accordo con i collaborazionisti fascisti e con numerose spie. Calvi di Bergolo ordinò che il Cimitero del Verano rimanesse chiuso per la popolazione romana dalle 6 fino alle 14, mentre dalle 14 alle 16 poteva essere aperto un solo cancello su tre per i romani che dovessero seppellire i propri morti. In pratica i tedeschi si riservavano 8 ore di tempo per poter seppellire le loro vittime. Da quel funesto 10 Settembre fino al 4 giugno del '44, a Roma e in molte altre zone del Lazio scomparvero migliaia di persone. Le numerose ville occupate dai tedeschi nei castelli romani diventarono camere di tortura e di morte, in particolare Villa Dusmet di Grottaferrata, comando dei paracadutisti, Villa Colonna di Frascati, comando della Feld-Germanderie, Villa Falconieri di Frascati, comando della Wehrmacht. Il comando delle SS, con il tribunale di guerra e il campo di prigionia degli Alleati, fu insediato all'interno di Villa Torlonia di Frascati.
Ma il luogo più tremendo rimaneva il Consolato tedesco a Roma, situato a Villa Wolkonsky, al quale facevano capo tutti i comandi tedeschi del Lazio, compreso quello di Kesselring. Questi luoghi costituirono per lunghi mesi dei veri e propri mattatoi umani, in particolare, il comprensorio di "Villa Wolkonsky", in cui vennero torturati e trucidati tutti gli uomini presi con le armi mentre difendevano Roma: 300 militari e 2 ufficiali, 3 ufficiali dei Carabinieri, 4 civili tra i quali Pischieri Giovanni e Tolti Alfredo, un poliziotto di P.S. della caserma di via Statilia, ed infine un ragazzo di 14 anni. Altri civili, presi con le armi (compreso Franco Napoli, l'autore del libro-denuncia Villa Wolkonsky) furono trasferiti al Tribunale di Guerra di Villa Torlonia di Frascati e condannati a morte. Poi venne il turno di tutte le caserme militari di Roma, che furono occupate dai nazisti e da dove questi ultimi prelevarono e trucidarono migliaia di soldati italiani. I primi assassinati di queste caserme furono 3.000 Carabinieri con diversi ufficiali. In pratica, i tedeschi ripeterono l'eccidio di Cefalonia nella città del cattolicesimo.
Alla fine della guerra, giornalisti e autori di libri, scrissero, mentendo, che i Carabinieri scomparsi erano stati deportati in un campo di concentramento in Germania. Notizia originata dalle false memorie scritte dal console Moellhausen, vero responsabile dell’eccidio di Villa Wolkonsky. Non bisogna poi dimenticare che quando gli agenti delle SS e della Gestapo (e conosciamo i loro nomi) occuparono la caserma della milizia fascista di via Mazzini, ben 850 di questi miliziani sparirono dentro Villa Wolkonsky. Questi fascisti erano quasi tutte persone anziane che avevano fatto la guerra '14-'18 e che osteggiavano le SS, ragion per cui fu l'unico corpo militare non sciolto da Badoglio, che il 26 Luglio, durante un suo discorso, disse: "La milizia fa parte integrante delle forze armate dello Stato".
La comunicazione badogliana, riportata dai giornali, segnò la morte di quasi tutti i fascisti della milizia. Coloro che riuscirono a fuggire dalla caserma vennero raggiunti ed uccisi per le strade come bestie, altri prelevati dalle loro abitazioni. Giorno e notte, con la collaborazione di prezzolate spie e fascisti della P.A.I., carabinieri, ufficiali di varie formazioni, soldati e civili, venivano rastrellati. Quando questi non venivano trovati, le SS portavano via una figlia per obbligare il genitore a presentarsi, e quando il padre si presentava, questi veniva ucciso, mentre della figlia non si sapeva più nulla. I tedeschi non risparmiarono nemmeno i prigionieri Alleati, in particolare i soldati inglesi catturati dopo essere sbarcati sulle coste italiane oppure dopo essersi paracadutati quando il loro aereo veniva colpito. Questi prigionieri, compresi quelli che stavano nelle baracche dentro Villa Torlonia, comando delle SS, venivano poi internati a Villa Wolkonsky, dove sparivano dopo essere stati torturati. Per i nazisti questa prassi era necessaria perché solo il Console Moellhausen conosceva alla perfezione la lingua inglese e poteva quindi tradurla in tedesco. Ma dopo essere stati interrogati e torturati, venivano liquidati affinché non parlassero di Villa Wolkonsky.
Ecco un solo esempio, per non allungare troppo questa sintesi: quattro soldati inglesi, dopo essere scesi con il paracadute, furono nascosti dai contadini del paese montano di Nespolo, in provincia de L'Aquila. Scoperti dalle SS a causa delle solite spie, tutti i paesani che li avevano ospitati vennero catturati ed uccisi. Fu assassinato anche il Sindaco, accusato di favoreggiamento, mentre i quattro inglesi, dopo essere stati torturati, sparirono all'interno di Villa Wolkonsky. Altri vennero torturati e uccisi in via Tasso, un altro trucidato in località La Storta, unitamente ad altre tredici persone. Di questo inglese rimane solo una scritta che recita: "Di nazionalità inglese sconosciuto". Da accertamenti svolti in seguito, e anche dalla testimonianza di alcuni soldati tedeschi (disertori che hanno fatto servizio all'interno di Villa Wolkonsky), è risultato che 35 soldati inglesi, di cui 5 ufficiali, vennero uccisi dopo aver subìto atroci torture. Altri 10 inglesi vennero assassinati mentre venivano deportati nel campo di concentramento di Mantova, quando le SS abbandonarono Roma.
A fine guerra si scoprì con sgomento che gli esseri umani trucidati erano stati 43.700, tutti senza un nome e privi di data di morte, come documentato senza ombra di dubbio. Senza un nome, perché i nazifascisti avevano ricevuto dal capo supremo delle SS, Wolff, l'ordine di seppellire le persone trucidate in luoghi segreti, anche in fosse comuni, affinché i parenti non potessero trovarli ed identificarli, e di bruciare i loro documenti di identificazione. Come è noto, quelli trucidati alle fosse Ardeatine furono riconosciuti con molta difficoltà dai parenti, grazie alle scarpe, ai vestiti e ai denti. Anche in questo caso però molti rimasero ignoti.
Coloro che mettono in dubbio gli eccidi avvenuti nel lager di Roma, e nel resto del Lazio, sono invitati ad esaminare il libro-denuncia Villa Wolkonsky, il lager nazista di Roma, nel quale le prove sono costituite da numerose testimonianze, documenti e ben 130 fotografie. Si può sospettare che questo occultamento di persone trucidate sia stato effettuato per salvare i nazifascisti che barattarono la loro vita, oppure per cancellare tale orrore dalla capitale mondiale del cattolicesimo. O forse, hanno giocato un ruolo importante le riserve d'oro trafugate dai nazisti e dai collaboratori italiani. Comunque sia, a Roma e nel resto del Lazio, vi erano oltre 120 mila soldati delle forze armate, e precisamente delle divisioni Sassari, Ariete, Granatieri di Sardegna, Centauro Motorizzata e Carabinieri Motorizzata, 2 battaglioni di Carabinieri a cavallo, un battaglione di Carabinieri Allievi Ufficiali e 2 battaglioni della Milizia Fascista. Vi erano, inoltre, soldati rientrati dall'Africa a seguito della sconfitta, guardacoste, militari del genio della Finanza e della Marina, ecc.
Sappiamo benissimo che 30.000 soldati aderirono alla Repubblica fascista, ma gli altri 90.000 che fine hanno fatto?